Cuffià a na vecchia scuffecchia

“Dinc a sta vecchia scuffecchia ca pure ‘e sant’ cuffiàt’ vann ‘n Paraviso” (trad.: Dì a questa vecchia racchia che anche i santi scherniti avranno il loro posto in Paradiso!)

Un modo di dire dialettale che comprende due parole molto simili – a prima vista – ma, in realtà, molto lontane tra loro, per origine e significato.

Il verbo “cuffiàre” non ha nulla a che vedere col verbo “scuffiare” (soffiare con le narici o, in gergo marinaresco = ribaltarsi, capovolgersi, detto di un’imbarcazione), ma ha una storia molto più antica e particolare.

immagine tratta del celebre film "il marchese del Grillo", dove il popolo si divertiva a cuffiare il povero Aronne Piperno ebanista

immagine tratta del celebre film “il marchese del Grillo”, dove il popolo si divertiva a cuffiare il povero Aronne Piperno ebanista

Innanzitutto il significato; cuffià è come deridere, canzonare, prendere in giro, schernire. Una caratteristica che è propriamente innata nel popolo napoletano, così come sta poi al “cuffiato” saperla prendere con il dovuto senso dell’umorismo e, nel caso, ricambiare con la stessa moneta. La vera e remota origine del termine, in realtà, si riferisce alla pratica, assai diffusa nei secoli passati di mettere alla gogna un individuo: colui che, per espiare una colpa leggera – un reato minore si direbbe oggi – veniva condannato a essere esposto al pubblico scherno, con tanto di cartello e/o processione a dorso di asino, con le mani e la testa goffamente bloccate, in modo da ricevere passivamente insulti e lanci di frutta e verdura marcia.

Cuffiare deriva dal termine greco "cufon" che sta ad indicare la gogna

Cuffiare deriva dal termine greco “cufon” che sta ad indicare la gogna

L’etimologia infatti fa derivare il verbo “cuffiare” dalla lingua greca e cioè dal termine “cùfon” che ha il significato di gogna pubblica per condannati.

Tutt’altra derivazione ha il termine “scuffècchia” che si riferisce invece a racchia, vecchia e in particolare risulta come storpiatura della “scuffia”, a sua volta trasformazione dialettale (con l’aggiunta della “S” iniziale) della “cuffia” il classico copricapo utilizzato dalle donne nei secoli passati. Per una forma di metonimia, o sinèddoche (figure retoriche che permettono di nominare una parte per il tutto) la cuffia indossata dalla donna è diventata la donna stessa.

Albrecht Dürer;  ritratto di Felicitas Tucher

Albrecht Dürer; ritratto di Felicitas Tucher

Attenzione: non si confonda la “scuffia” con il “maccaturo”!

Per maccaturo, infatti, s’intende il fazzoletto da testa usato dalle contadine, generalmente molto colorito e rigorosamente nero quando le signore diventavano vedove. Ebbene, il termine maccaturo è d’origine spagnola e deriva da mocador – che significa appunto fazzoletto da naso – sostantivo del verbo mocar (soffiarsi il naso), a sua volta dal latino muccus.

Insomma in una frase dialettale napoletana di sole quattro parole sono compresi riferimenti dal greco antico, al latino, allo spagnolo basso-medioevale.

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