Nel passaggio tra l’estate e l’autunno, soprattutto dopo un bell’acquazzone rinfrescante si sente nell’aria il profumo intenso e aromatico di finocchietto selvatico.
Giardini messi a riposo dopo gli abbondanti raccolti estivi. Filari di viti cariche di grappoli succosi. Ecco svettare i fusti alti e slanciati di finocchietto selvatico. Ricchi di “spugne” fiorite e colorate tra il giallo e il verde intenso.
Questa è un’altra pianta tipica della macchia mediterranea. Dà il suo utile apporto alla ciclo annuale della vita contadina. In particolare viene utilizzato per lavare e rendere riutilizzabili le ormai rare botti in legno, in vista della vendemmia. Oppure, per i pochi che ancora allevano conigli, costituisce la base della loro dieta. In cucina poi, è indispensabile per i suoi tantissimi modi d’uso. Come tanti altri aromi, viene cercato e raccolto in questo periodo (i semi maturano tra fine settembre e tutto il mese di ottobre) per farne una scorta che duri tutto l’anno.
Del finocchio selvatico o “finocchietto”, si usano sia i fiori freschi o essiccati, sia i frutti o “diacheni”, chiamati volgarmente “semi”. Questi sono più o meno dolci, pepati o amari, a seconda della varietà. Poi si utilizzano le foglie (o “barba”) e i rametti più o meno grandi. Nelle Marche ad esempio ingredenti per cucinare i bombetti (lumachine di mare). Le foglie si usano fresche e sminuzzate per insaporire minestre, piatti di pesce, insalate e formaggi e soprattutto nella pasta con le sarde, nota ricetta siciliana.
Dalle nostre parti con i semi di finocchietto si aromatizzano olive in salamoia e salsiccia e carne di maiale in generale.
Avete mai provato a insaporirci una bella ciotola di patate fritte? Provate… sono una bontà, ve lo assicuro
Come non ricordare i tipici taralli e biscotti di grano che si producono e consumano tra Sorrento e Gragnano! Una chicca per veri intenditori. Caduto ormai in disuso è un sughetto al pomodoro, piccante e aromatizzato, appunto, con i semi di finocchietto. Il condimento settembrino per le “maruzze”. Le lumache di terra, raccolte nei giardini o tra i muretti a secco durante le serate di fine agosto dopo i temporali estivi. Un piatto tipico di una zona particolare dell’isola. La località detta “Tiberio” dall’imperatore romano che vi soggiornò per trent’anni e più. Proprio in quel periodo dell’anno vive il suo momento di festa con la Sagra della Piedigrotta tiberiana. Una volta detta appunto Sagra della Maruzza.
E per concludere una bella cena tipica ecco il fantastico liquore di finocchietto. Un digestivo alternativo e anche migliore (secondo il mio personale parere…) del celebre limoncello
Per concludere ecco una curiosità.
L’espressione “lasciarsi infinocchiare” ha un’origine stravagante. Deriva dall’abitudine dei cantinieri di offrire spicchi di finocchio orticolo a chi si presentava per acquistare il vino custodito nelle botti. Il grumolo infatti contiene sostanze aromatiche che rendono gustoso anche un vino di qualità scadente o prossimo all’acetificazione.