… e un filo d’oro Nettuno lasciò in pegno / alla sirena vestita di mare / che regina divenne del regno / fino al giorno in cui cessò di nuotare…

Il bisso è un ciuffo di filamenti sottili e resistenti che permette alal sfera di ancorarsi al fondale marino
Tanti miti e leggende si intrecciano attorno al bisso (e mai verbo fu più adeguato…). Fin dai tempi più antichi i pescatori del Mediterraneo erano a conoscenza di questo particolare filamento naturale. Una fibra dallo straordinario colore cangiante, utilizzato per adornare i vestiti di re ed eroi: il bisso.
Per nutrirsi e respirare pompa l’acqua nella cavità del mantello mediante un sifone inalante e poi la emette attraverso uno esalante. Le valve hanno il margine posteriore arrotondato e presentano una ventina di coste radiali con scaglie a forma di canali. Il colore è bruno con scaglie più chiare; l’interno è bruno e lucente con la parte anteriore di madreperla.

La conchiglia della pinna può raggiungere anche il metro di lunghezza, ma in genere se ne trovano di una lunghezza media di 65 cm
La sua raccolta è vietata. La sfera è un mollusco filtratore, è estremamente rischioso mangiarlo in quanto accumula assorbendoli dal mare grandi quantità di inquinanti e patogeni. Per questo motivo è stato utilizzato come indicatore dell’inquinamento marino. Una caratteristica a prima vista banale, ma molto interessante è il modo in cui si àncora al fondale. Infatti la sfera si fissa con la parte appuntita della sua conchiglia triangolare nella sabbia o nella roccia con dei filamenti sottili e robusti che formano una sorta di ciuffo spesso e resistente: il suo nome è bisso o “seta del mare”.
Fin dall’antichità pescatori fenici e greci, etruschi e romani, lavoravano il bisso. Ne ricavavano un filamento unico, dal colore cangiante (color bronzo al buio, oro se illuminato e trasparente se visto in controluce), che impreziosiva i tessuti pregiati precedentemente tinti con la porpora proveniente da un altro dono del mare, il mollusco murice.

Il murice è il mollusco da cui gli antichi Fenici ricavavano la tintura per colorare le stoffe di prorpora.
Re, regine e imperatori si adornavano di questi preziosi vestiti, la cui lavorazione era riservata ai migliori artigiani di corte.
A oggi questo tipo di lavorazione è praticamente sparito; a seguito di decenni di pesca intensiva con le reti a strascico, i nostri fondali sono stati deturpati e impoveriti, la pinna nobilis ha pagato il suo dazio e ha rischiato l’estinzione, ma negli ultimi anni una politica attenta e sensibile di tutela dei fondali ha reso possibile un progressivo ripopolamento delle praterie di posidonia e della fauna ad esse collegata.