Trubbèa (greco ‘tropaia’) – Boccata di ossigeno nell’afa estiva

Giornate calde e afose, ritmi estivi appesantiti dall’umidità, è proprio quando il caldo si fa più pressante e insopportabile che arrivano, improvvisamente, nuvole grigie dai quadranti meridionali, che cavalcano con venti veloci sul mare e scaricano pioggia fresca sull’isola e sugli isolani, accompagnate dallo spettacolo pirotecnico di tuoni e lampi…. ecco una gradita e rinfrescante trubbèa

 

la trubbèa è uno dei tanti termini marinareschi derivati dalla lingua greca.

la trubbèa è uno dei tanti termini marinareschi derivati dalla lingua greca.

Questo fenomeno consiste nel classico temporale estivo creato proprio dalla forte umidità che fa evaporare acqua calda dal mare verso gli strati alti e freschi dell’atmosfera dando vita a formazioni temporalesche che si muovono a macchia di leopardo sulle coste del Tirreno, rinfrescando, con forti folate di vento e pioggia a scroscio, la terra arsa, le piante assetate, i terrazzi e le strade polverose, scuotendo con forti folate di vento gli alberi accaldati.

Ma la parte più interessante sta, a mio parere, in un modo di dire in particolare: la trubbèa delle cerase, che è tipica del dialetto caprese e consiste nell’ennesima dimostrazione del collegamento extra-nazionale che esiste tra i popoli del Mediterraneo.

Per trubbèa delle cerase si intende il temporale estivo (il periodo, appunto, di raccolta delle ciliegie), il violento acquazzone che arriva trasportato da impetuosi venti, scarica il suo prezioso contributo di acqua e si dissolve, permettendo al sole di tornare protagonista della giornata.

Questo modo di dire è composto da due parole di origine greca

trubbéa o trubbéja

l’etimologia è tranquillamente greca dal sost. tropaía=tempesta;
cerase al sing. cerasa = ciliegia;

la voce napoletana ceràsa risulta invece essere un neutro plurale del latino cèrasum diventato ceràsa con cambio d’accento tonico, come spesso nel latino volgare partenopeo; ma lo stesso termine cerasum è, a sua volta, un derivato dal greco Keràsion derivato dalla città di Cerasunte, nel Ponto, l’attuale Turchia da dove, pare, siano arrivati in Italia i primi frutti e alberi.

Un’altra dimostrazione, quindi, di quanto la cultura marinara greca – parliamo di termini pratici e tecnici della vita quotidiana – sia presente e tutt’ora attiva nella cultura del Sud Italia, in barba a quanti definiscono il Greco, e ancor più il Latino, lingue morte.

A proposito… e la buriana?

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