La primavera fa bella mostra di sè sui rami infiorati di peschi e ciliegi; ma un altro profumo rallegra lo spirito e il palato poco prima del cambio di stagione….. zeppole fritte, vaniglia e amarena
La zeppola di San Giuseppe è uno dei dolci principali della pasticceria “stagionale” napoletana. Così come pastiera, chiacchiere e struffoli, la zeppola è strettamente legata ad una festa, quella di San Giuseppe; la tradizione popolare vuole diverse motivazioni per questa “dedica” speciale e c’è chi giura che il Santo falegname facesse, come secondo mestiere, il friggitore! Certo risulta un po’ difficile immaginarsi, 2000 anni fa, un bel padellone di olio scoppiettante tra le botteghe artigiane di Nazareth, però lasciamo fare alla provvidenza…
Per i pochissimi che non la conoscessero diciamo che la zeppola di San Giuseppe consiste in una ciambella di pasta fritta e farcita con crema pasticcera e amarene sciroppate. Ma nessuna decrizione potrà esprimere l’esplosione di piacere che ti riempie quando addenti una zeppola appena farcita.
La zeppola ha origini antichissime risalenti agli antichi Romani. Infatti intorno al 500 a.C. si celebravano a Roma le Liberalia, che erano le feste delle divinità dispensatrici del ‘vino e del grano nel giorno del 17 marzo. In onore di Sileno, compagno di bagordi e precettore di Bacco, si bevevano fiumi di vino addizionato di miele e spezie e si friggevano nello strutto bollente profumate frittelle di frumento, impastate con farina e sale, spolverate con zucchero o cannella, praticamente dei serpentelli acciambellati (da “serpula” = piccolo serpente, termine trasformato nei secoli in “zeppola”)
Per San Giuseppe, che ricorre solo due giorni dopo (19 marzo), la fanno da protagoniste le discendenti di quelle storiche frittelle: le zeppole di san Giuseppe.
Il 19 Marzo, si racconta che i friggitori napoletani si esibivano pubblicamente nell’arte del friggere le Zeppole davanti alla propria bottega, disponendovi tutto l’armamentario necessario.
Come la maggioranza dei dolci napoletani anche questo dolce ha origine conventuale, forse nel convento di San Gregorio Armeno, ma c’è anche chi ne attribuisce l’invenzione alle monache della Croce di Lucca, o a quelle dello Splendore, le famose monache ad ogni festività inventavano un dolce diverso.
La preparazione di questa prelibatezza rasenta l’ingegneria… l’impasto che deve “assorbire” le uova ad una ad una, la fase di frittura che prevede due passaggi nell’olio bollente (uno per cuocere, uno per dorare)… e poi… il tocco finale della crema pasticcera e la dolce aromaticità dell’amarena.

Il nome zeppola potrebbe derivare, tra la varie, alla forma serpeggiante che assume quando viene fuori dal sac a poche
Chi da piccolo assisteva da spettatore alla meticolosa preparazione, ricorda questi passaggi come un rituale pagano. E infine quante volte, nella piazze di paese, o agli incroci dei centri storici, i friggitori all’aperto che dai loro padelloni ambulanti tiravano decine e decine di zeppole fumanti e inondavano di profumo tutto il paese….
Ci penso e ne mangio una, ci ripenso e ne mangio un’altra e allora ci ripenso ancora…..